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Hitchcock, una biografia in 12 fotogrammi

Hitchcock, una biografia in 12 fotogrammi

Quante vite ha avuto Alfred Hitchcock, uno dei più grandi registi della storia del cinema?

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Secondo lo scrittore Edmund White almeno dodici, tanto da scriverne un libro ora tradotto in italiano e portato in libreria dal Il Saggiatore: Le dodici vite di Alfred Hitchcock. Quasi come fossero dodici fotogrammi, i capitoli si concentrano su alcune caratteristiche del re del terrore: l’eterno bambino, l’assassino, l’autore, il donnaiolo, il grassone, il dandy, il padre di famiglia, il voyeur, l’intrattenitore, il pioniere, il londinese, l’uomo di Dio. E così viene raccontata una biografia molto particolare che si snoda in una miriade di aneddoti sia sulla vita privata sia su quella artistica del regista.

Di Hitchcock vengono elencate le nevrosi, le battute taglienti e le manie. Ma emerge anche il suo lato ironico e scherzoso. Insomma, il regista londinese era un gran burlone e non si prendeva troppo sul serio. Anche sulla questione del peso per cui soffriva molto, non mancò di pubblicare in un suo film del 1944 “Prigionieri dell’oceano” la dieta che gli aveva fatto perdere 30 chili. E quanto si divertiva a vezzeggiarsi con i giovani critici, registi in erba, che lo adoravano. Come quella volta con il compianto Peter Bogdanovich che, consapevole della ritrosia del maestro nell’andare a vedere i suoi film in sala, gli chiese: “Non le mancano le urla del pubblico?”. Risposta: “No, le sento quando giro il film”.

Ma oltre ai lati bizzarri del carattere che hanno costellato la sua intera esistenza cominciata a Londra il 13 agosto 1899 e finita a Los Angeles il 29 aprile 1980, di Hitchcock restano soprattutto 50 anni anni di grande cinema. Come scriveva Francois Truffaut, che al regista inglese ha dedicato un libro leggendario (sempre edito da il Saggiatore), Hitchcock per tutta la sua vita “si è applicato a far coincidere i suoi gusti con quelli del pubblico, facendo leva sullo humor nel suo periodo inglese, sulla suspense nel periodo americano” E proprio l’equilibrio tra humor e suspense ha fatto sì che diventasse “uno dei registi più commerciali del mondo" ma è "il suo grande rigore di fronte a sé stesso e alla sua arte che fa di lui anche un grande regista”.

E forse definirlo solo regista è riduttivo, dato che seguiva ogni minimo passaggio della lavorazione dei film ed era sempre all’inseguimento di qualche nuova storia o invenzione. Lui che era partito facendo il grafico pubblicitario per un’azienda di cablature elettriche e in poco tempo si era guadagnato un posto, sempre secondo Truffaut, nella categoria di quegli "artisti inquieti come Kafka, Dostoevskij e Poe”. E prima che qualche forzatura del politically correct si concentri troppo sul suo modus operandi sul set o su qualche suo ragionamento giudicato troppo velenoso, prendiamoci il tempo per rivedere qualche suo film (in tutto 53) che possiamo trovare nelle varie piattaforme di streaming. Perché come ha scritto Roberto Calasso in uno dei suoi ultimi libri (Allucinazioni americane, Adelphi): “I film di Hitchcock tendono a diventare più belli quando si rivedono”. Insomma, un classico.

Fonte: huffingtonpost.it


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