Le priorità del femminismo nel dibattito contemporaneo.
Nomination Oscar, polemiche social e commenti. Al centro dell’attenzione: Barbie.
Condividi su: Barbie è un film mediocre, le interpretazioni di Margot Robbie e Ryan Gosling sono entrambe dimenticabili. La nomination del film e di Gosling mi sorprendono più dell’assenza di nomination per Margot Robbie e Greta Gerwig. Per quanto comunque su questo ultimo punto sia lecito dibattere.
Andrebbe considerato nell’ambito del dibattito che Barbie, come film e come brand che ha generato, non è un pinnacolo del femminismo. Il fatto che sia stato diretto e co-scritto da una donna, Greta Gerwig, e co-prodotto da un’altra donna, Margot Robbie, alla luce delle ipersemplificazioni banalizzanti di questioni femminili e femministe che permeano il film dalla prima all’ultima scena, è una sconfitta, non una vittoria, per il femminismo.
Il femminismo liberale non fallisce mai nel fagocitare l’attenzione mettendo in ombra temi intersezionali. Quest’anno, per la prima volta nella storia degli Oscar, una donna nativa americana ha ricevuto una nomination. Lily Gladstone è in questo momento un simbolo di empowerment per una minoranza sottorappresentata e soprattutto mal rappresentata per decenni nell’industria cinematografica che ora finalmente la riconosce. La presenza di Lily Gladstone nella cinquina dovrebbe fare più rumore dell’assenza di Margot Robbie.
Va aggiunto sull’ultimo punto che sempre il femminismo mainstream - perlopiù occidentale e liberale - nel dibattito generale di questi giorni sta facendo un silenzio molto eloquente su un tema che merita di essere gridato.
In Palestina c’è una grave carenza di prodotti per le mestruazioni, oltre che di acqua e servizi igienici. Le donne stanno utilizzando pezzi di tende al posto degli assorbenti, così contraendo infezioni del tratto urinario, senza la possibilità e i mezzi per ricevere delle cure. Stanno partorendo senza antidolorifici, alcune vengono sottoposte a cesareo da sveglie, senza anestesia.
Sì, possono coesistere due argomenti nello stesso momento, si può prestare attenzione a due temi differenti, il punto è che non sta succedendo neanche questo. Pagine proclamate femministe e testate con un certo seguito sono inondate di immagini rosa con il logo di Barbie, ma non hanno speso nessuna parola, o nel migliore dei casi pochissime, su un’emergenza che riguarda un milione di donne rifugiate in campi dalle condizioni disumane.
L’attenzione principale del dialogo pubblico nei riguardi di temi femminili e femministi dovrebbe avere altre priorità. Barbie, e tutto ciò che lo circonda, si conferma l’emblema del problema alla radice del femminismo liberale.
Giulia D'Elia